StArt nasce da un collettivo informale di giovani artisti allo scopo di valorizzare il quartiere delle Albere, a Trento, attraverso un ciclo di workshop multidisciplinari, quali grafica e serigrafia, moda e design di abiti con materiale di riuso e performance e installazioni artistiche e di salotti sociali, ovvero simposi con giornalisti, operatori del mondo culturale ed esperti di rigenerazione urbana volti a stimolare il confronto tra i partecipanti, i formatori e le persone che abitano il quartiere.
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Il progetto viene approvato dai Piani Giovani di Zona di Trento e promosso in collaborazione con l’Associazione Giovani Soci della Cassa Rurale di Trento come ente referente e un’ampia rete di partner fondamentali per lo sviluppo del progetto, MuSe, Mart - Galleria Civica, Società Le Albere e Komodo.
Dal 20 luglio all’8 agosto 2015 i formatori del collettivo StArt collaborano quotidianamente con i giovani iscritti da tutta Italia per la creazione di opere d’arte contemporanea, che vengono presentate durante due serate evento conclusive aperte al pubblico e rimangono in esposizione per un mese in uno spazio suggestivo e dedicato, all’interno del quartiere.
L’intero progetto si sviluppa secondo dinamiche di condivisione di idee e competenze in connessione con la realtà territoriale; infatti, i giovani artisti, lavorano quotidianamente alla realizzazione delle opere, animando gli spazi naturali e architettonici del quartiere attraverso il processo creativo stesso.
StArt - Summer Temporary Art: il primo grande esperimento.
L’approccio al quartiere è stato un pionieristico tentativo di rianimarlo dal punto di vista culturale. Un risveglio momentaneo, dato dalla contaminazione artistica Lo scopo principale era valorizzare, tramite una decina di laboratori artistici, la potenziale utilità e bellezza di una zona altrimenti abbandonata a critiche e polemiche sterili. É stata la prima volta che il gruppo di artisti si è approcciato agli strumenti di crescita e finanziari che il Comune e la Provincia di Trento offrono ai giovani del territorio.
Con questo progetto, il gruppo ha approfondito la ricerca sulla possibilità di sviluppare un sistema che possa promuovere arte e cultura lontano dai soliti contesti, quali gallerie, musei e impianti artistici, in un modo libero, pubblico e riconosciuto istituzionalmente come lavoro. Nonostante le tempistiche dilatate e le difficoltà gestionali necessarie per far funzionare qualcosa di condiviso, per tre intense settimane il gruppo di artisti si è impegnato nella realizzazione di suggestioni visive e uditive ed ha animato il quartiere con eventi culturali e momenti di formazione, dando vita ad una contaminazione creativa che è stata percepita e vissuta da tutti i cittadini che abitano il quartiere.
S.T.Art è nato proprio dalla forza di volontà di ogni singola persona che ne ha fatto parte e lo ha realizzato, dallo sforzo di ognuno che si è prodigato nel proprio settore per rendere il progetto una sorta di Salon artistico, simile ad una fiera sulla creatività come risorsa per vincere un momento di crisi e di debolezza culturale. A differenza dei Salon, che ospitavano prevalentemente singoli artisti, nel caso del progetto S.T.Art tutto è stato condiviso e disponibile al cambiamento entro i canoni della co-progettazione interna di un collettivo artistico, dalla formulazione dell’idea fino alla sua totale realizzazione. Il sistema operativo che si è deciso di sviluppare nel corso dell’intero progetto è molto simile a quello di un’equipe medica, con un gruppo di operatori artistici che in sintonia, come un agglomerato di menti creative, lavorano insieme per approcciare le sensibilità artistiche dei ragazzi coinvolti. L’associazione Alchemica, nata in quello stesso periodo, ha poi adottato le stesse dinamiche sperimentate positivamente durante il progetto S.T.Art.
Ci sono un’infinità di esempi di come oggi arte e artisti stiano cercando una sorta di via di fuga da un sistema stanco, per poter avere un approccio più diretto con il “cittadino”. “Il pittore, lo scultore, sono grandi individualisti[...]”, spiega Germano Celant, curatore della mostra sul lavoro, macchine e automazione nelle arti del Novecento allestita a Palazzo Ducale per il centenario della Cgil,[...]“ Hanno sempre lavorato da soli. Il loro approccio al lavoro collettivo è stato intellettuale o simbolico: un interesse a senso unico, coltivato più dall'artista che dall’operaio.
Solo oggi c’è stato un capovolgimento e l’incontro fra i due mondi è finalmente avvenuto. Innanzitutto perché anche l’artista collabora con un piccolo team e con il supporto di media vari. I mezzi di comunicazione, a loro volta, sono posseduti da tutti e quindi il linguaggio artistico si è molto avvicinato a quello comune. Poi non dimentichiamo che, "[...]mentre prima gli artisti erano i rampolli di una borghesia ricca, oggi vengono anche da famiglie operaie o impiegatizie” (G. Perretta, 2002)
S.T.Art è stato, anche da questo punto di vista uno straordinario esempio di auto-organizzazione e voglia autentica di vivere e riqualificare il proprio mondo attraverso la creatività: proprio il tipo di realtà di cui ci piace parlare e che ci piace realizzare.